3 amici d’infanzia, un destino comune, la stessa scuola, lo stesso lago e la stessa passione di marinare la scuola andando per boschi a raccogliere castagne.
Gennaro, Alea e Gianluca, i veri nomi di 3 bambini maschi, non si accontentavano di vivere per se stessi, piuttosto volevano fare qualcosa di buono per la società, per gli altri, fratelli, amici, in una comunanza di amore per il prossimo da insegnamento.
Alea, che i suoi genitori l’avevano chiamato così a causa del suo destino, difatti la parola alea significa destino, era malato di leucemia dalla nascita, cercava di uscirne dalla sua malattia e quindi per prima cosa diceva che lo dovevamo chiamare Massimo, che Alea non gli si addiceva.
Un giorno io Gennaro Gelmini, che avrete capito che sto scrivendo di miei amici d’infanzia, traslocai di casa e in quella nuova e andando a dormire per un attimo un giorno nella camera dei miei genitori, al mio risveglio vidi Massimo (Alea), che apparso nella stanza, mi mostrava le sue ali, tanto grandi che anche a tenerle aperte nello spazio ai piedi del letto, non poteva aprirle completamente, ma solo per 2/3, poiché doveva avere un’apertura alare di almeno 7 metri; Alea fu il mio primo Angelo Custode, non lo dimenticherò mai.
Col tempo ho imparato a contenere le emozioni, fino alla mia richiesta a Dio di togliermi la voce nel caso mi metta ad urlare incontrando un fantasma, in maniera che ad una sorpresa iniziale, nessuno dei 2 rimanga turbato e il fantasma, approfittando della bocca spalancata e del corpo fermo impietrito, possa dalla bocca entrare a prendere posto.
Tralasciamo il fatto che gli spiriti, fantasmi, liberano da ogni attacco al pensiero libero, affinché possano sempre agire indisturbati e allacciamo il discorso per quanto concerne l’amico Gianluca.
Gianluca era un bambino sereno, senza tanti grilli per la testa, or bene, diventato maggiorenne segue un suo maestro andando ad portare aiuto a bambini in difficoltà durante la guerra nella ex Jugoslavia e dopo essere scampato numerose volte alla morte, nel salvataggio di bambini rimasti orfani, soffrì talmente tanto alla visione di certe scene e al timore di perdere la vita, che tornato in Italia che fu, il suo cuore non resse e morì di lì a poco.
Del trio d’amici rimane Gennaro Gelmini e difatti io sono consapevole di trovarmi alla medesima maniera del film, forse regia di Hitchcock, nel quale il vampiro viene atterrato dai colpi del questore o ispettore che fosse, che così è certo di averlo fatto fuori, questore che poi, salito su una scala, trova la moglie inconsapevole del vampiro assieme ai suoi 2 figli, bambini che rivelano al questore che lui, il vampiro, non può finire in alcun modo, in quanto è già finito, mentre il vampiro sale le scale e il film finisce.
Gennaro Gelmini vive così, scoprendo il segreto della vita e senza mai dimenticarlo, che ne andrebbe della sua, ah, dimenticavo, non vi ho raccontato di me, una storia raccontata dai disegni di altri nostri amici, che già allora scrivevano, ed avevamo soltanto 9 anni circa, di fatti futuri legati ad un numero, il 17, che per il primo disegno più in alto “Caro Gennaro, a volte mi sembra che tu viva in quel Mondo” e per il secondo disegno, sempre fatto da un altro nostro amico a 9 anni circa, “Hai mai visto un disegno così? Beh, io ti consiglio di non vederlo mai, potrai sognarlo e spaventarti di colpo, ma se vuoi vederlo fa pure”, oltre quel 17 che appunto ricorre sempre.
E ricordo inoltre di quando da bambino sistemavo gli scarti dei finocchi puliti sopra i fornelli a gas in cucina e li bruciavo, per poi scoprire molti anni dopo, che sul rogo dei condannati nel Medioevo venivano posizionati dei finocchi, per coprire l’odore della carne bruciata, una vita normalissima la mia.
Ed ancora ricordo di quella vicina di casa, che ci disse di evitare di traslocare, aveva ragione, ma io già andavo incontro al destino, che conoscendo il brutto della vita, almeno si può dire agli altri quale strada prendere per la bellezza.