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18 febbraio 2021 4 18 /02 /febbraio /2021 10:21
Aree dei patiboli dell'Inquisizione che evito e una storia

Provate a non dare peso alle mie parole e a sperimentare, ho viaggiato, viaggio e continuerò a viaggiare, riscoprendo posti a me graditi, altri meno, le onde, di quali onde sto parlando?

Il passato che rimane permeato nel luogo visitato, finendo infine nei visitatori, i quali logicamente conseguono questa esperienza di visita che li maturerà infine a non scoraggiarsi mai, sempre speranzosi in ciò che può donare la vita, che perciò va adeguatamente vissuta.

Ah, che bel posto si può dire, ma quale posto?

Di ogni area di interesse c’è un polo positivo e uno negativo, dovete saperlo per essere cultori dell’ignoto, in realtà in tutte le aree potrete andarci, a meno che non sappiate o non vogliate gestire le energie che da quelle aree si propagano, perché da ogni luogo un’energia sarà emanata.

Prendete pure un polo nero se il polo bianco vi spaventa, che delle onde il negativo c’è pure nel polo bianco, ciò accade quando in quell’area si ritiene di essere gli unici cultori del bene, andando a sopraffare gli altri, che hanno l’unico inconveniente di non pensarla come voi.

Ed ecco, guardate, vi faccio un rapido esempio riguardante l’Inquisizione, una stradina di campagna che porta in un luogo isolato nel bosco, ce ne sono tante anche in Italia, si chiamano con nomi eloquenti, come a rammentare ciò che si svolgeva lì e alla fine della strada, qualche volta a fianco alle rive di un fiume dove buttare le ceneri, molteplici le varianti che infine fanno capire un unico intento, in più, nei pressi, una chiesa secondaria, di periferia ai bordi della campagna, come per un ultimo tentativo di ritrattazione.

Con l’avvento dell’Epoca Napoleonica questa pratica di annientamento viene soppressa, per tenere le persone oppresse in manicomi fino al secolo scorso, pratica oggi trasformata con 2 firme per un ricovero obbligato, tanto per omologare.

Le stradine divengono in alcuni casi viali verso un nuovo costruendo cimitero, poiché viene vietato tumulare e/o seppellire i propri cari all’interno della cinta muraria della città, inutile che queste stradine siano oggi oggetto di chiusure alla circolazione, il passato sempre torna a farsi ricordare, pure cambiando la toponomastica, il nome delle strade, da evocative in ciò che vi si svolgeva, in nomi di artisti aventi cognome identico, scelti per trasformare un luogo di cui poter sparlare in un cognome di cui non poter parlare o un diverso cambio di riferimenti, ogni idea di trasformazione era solitamente accettata, pur di disconoscere il passato.

E veniamo ad una storia vera, su come sia facile finire al patibolo, documentato da Alessandro Manzoni in Storia della Colonna Infame:

Oggi come allora, era una bella giornata il 21 giugno 1630, momento in cui un barbiere il cui nome è documentato ma eviterò di elencarlo, tornava a casa dal lavoro, oramai sul far della sera, stando bene attento a evitare di infangarsi sulla stradina sterrata tra le case e per tenere le mani pulite, che il cliente è la prima cosa che guarda, così come ad un barbiere conviene, dovendosi appoggiare al muro in alcuni tratti per evitare di scivolare, teneva in mano un fazzoletto, senza considerare che dalla finestra di un ponticello coperto di civile abitazione, una signora lo guardava, al pari di come fanno le telecamere in piazze e strade ai nostri giorni.

La signora credette fermamente che il barbiere fosse un untore e vi sovvenne di chiamare le guardie e raccontare tutto, tutto cosa?

Gli untori venivano annoverati coloro i quali ungevano muri, travi, porte e pomelli di porte, insomma, tutto ciò che si potesse toccare, per diffondere la peste bubbonica tramite l’unto, cioè unguenti, pomate, una storia di creduto fosse, diveniva in breve certezza, così il barbiere fu torturato per estorcere confessioni e alla fine in ogni modo messo al patibolo.

Vennero fuori ogni genere di testimoni, la signora trovò una sua amica che asserì la stessa versione in testimonianza e venne trovata una sostanza viscida nella casa del barbiere, ma che, era forse la crema da barba?

Sul luogo dove il barbiere osò poggiare il fazzoletto, passarono con delle fiaccole a bruciare il muro per pulire dalla pestilenza, però così facendo, se i segni prima non c’erano, dopo ci sarebbero stati certamente.

La casa del barbiere fu rasa al suolo e su quel luogo eretta una colonna, da chiamare infame in merito all’accaduto, con pure un epitaffio, per intimare le alle generazioni future come doversi convenientemente comportare.

Il fatto era accaduto a Milano, la colonna al giorno d’oggi non c’è più, mentre l’epitaffio risultava custodito al Castello Sforzesco, ma ciò che volevo dirvi è essenzialmente questo, che se certi luoghi li evito, ci sarà un perché, riesco a viaggiare nel buio più cupo, a naufragare per poi ritrovarmi, i luoghi più terribili possono sembrare a me Gennaro Gelmini i più belli e quelli che notoriamente oggigiorno vengono considerati i più belli, possono essere i più terribili.

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