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29 dicembre 2018 6 29 /12 /dicembre /2018 23:07
L'uomo che amava: una storia vera

Il titolo ci sta, perché questa è la storia vera di un uomo, un uomo qualunque, che essendo qualunque è come tutti noi, lo chiameremo Giuseppe, un nome comune nel secolo scorso, che questa storia che sto per raccontarvi si assesta appena agli inizi del corrente secolo, all’incirca al periodo dell’equinozio di primavera del 2003, diciamo comunque certamente negli anni tra il 2002 e il 2005 e il luogo è la provincia di Milano e Milano città, sul treno dei pendolari, ma a orari sovente non troppo affollati.

Giuseppe era stato da noi altri notato più di ogni altro viaggiatore, in quanto si era fidanzato in treno, mentre si viaggiava tra campagne e case di periferia, fino a Milano, città che ai tempi il lavoro lo dava, almeno fino all’estate del 2007, fatto sta che le Torri Gemelle a New York erano già crollate e da lì in poi è venuta meno quella capacità delle persone di saper dialogare fra loro, una realtà sociale tenuta nascosta seppure vera.

Giuseppe era salito sul treno con un bel mazzo di rose rosse al suo paese di provincia e le aveva regalate alla sua bella, che anch’essa viaggiava su quello stesso treno, che gradì moltissimo e i due si fidanzarono, finché, potete immaginare, in questa falsità di inizio secolo, i parenti di lei, ovvero i parenti della donna, non gradivano che lui, Giuseppe, fosse di troppi anni in più, si vociferava, di lei, quindi li fecero allontanare, ma Giuseppe era un uomo combattivo, che comunque sapeva dare un indirizzo sociale alla propria vita, senza mai perdersi.

Così il compagno di viaggio di noi tutti, che stavamo ad ammirarlo entusiasti per come sapeva vivere la vita, mai demoralizzato, ritentò l’impresa, conoscendo un’altra donna, con la quale poter instaurare un nuovo rapporto, ma fu del tutto inutile, anzi dannoso per lui e noi altri, che senza poter parlare, ne rimanemmo comunque sconvolti.

La donna a cui Giuseppe, dopo un periodo di intesa, volle regalare nuovamente un bel mazzo di rose rosse, fece invece il mazzo a lui, scusate il termine poco ortodosso, richiamando l’attenzione di due Agenti, che immediatamente salirono sul treno a costatare il fatto.

E noi altri che potevamo fare? Soltanto a guardare l’armamentario anti sommossa dei due Agenti, non riuscivamo a proferire parola, chissà quanti viaggiatori avranno archiviato il ricordo di questa faccenda.

Poi, nell’inserto di cronaca locale di Milano, di un giornale che prendevamo sempre, in prima pagina trovammo un articolo avente titolo che riportava all’incirca le parole preso molestatore seriale, sembrandoci che la seconda donna aveva trovato un modo per punire l’uomo reo di averle fatto la corte.

Pure se questa storia non ci tocca direttamente, io Gennaro Gelmini ho voluto scriverne, una storia che affascinerà, ma per ora, in questo 2018 che volge al termine, non temete, sono tutti zombie.

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